venerdì 24 novembre 2017

Alternanza o alternativa scuola-lavoro?



Non mi piace l'espressione “alternanza scuola-lavoro” perché si dà per scontato in premessa che la scuola sia una sorta di “nonluogo” dove si fanno solo chiacchiere, nella migliore delle ipotesi teoria e nozionismo insignificante, trasmissività passiva e inutile. Così pure il lavoro è considerato solo nella sua parte meccanica, pragmatica,operativa di routine in un contesto organizzativo finalizzato alla “produzione” di pratiche e/o oggetti materiali.
L'alternanza dà per scontata non solo la separazione ma anche l'alterità dell'una rispetto all'altro.
Chi può sostenere che la scuola, cioè tutto ciò che in essa si fa avendo come traguardo l'apprendimento, la formazione delle capacità critiche e culturali di cittadinanza, relazionali non sia essa stessa un “lavoro”?
Fermo restando che l'uomo apprende sempre e in ogni situazione, la differenza con gli altri apprendimenti è che quello scolastico è programmato, rispettoso dell'età evolutiva e delle specificità dei singoli studenti, strutturato sui soggetti non sugli oggetti, intenzionale, destinato a durare tutto l'arco della vita. Quelli che la scuola “produce” sono saperi propedeutici sulla base dei quali potranno costruirsi altri saperi più specialistici e competenze nuovi, in una società destinata a cambiamenti sempre più veloci di ogni tipo.
In questo contesto di rapidissime evoluzioni anche tecnologiche a cosa può servire un complesso di attività ed esperienze apprenditive tarate e mirate sul presente produttivo qui ed ora, un presente per cui molto spesso l'oggi è già ieri rispetto a ciò che troveranno tra pochi anni gli attuali studenti?
L'obbligatorietà comunque, in ogni luogo e circostanza dell'alternanza scuola-lavoro, sia che la si faccia in contesti socio-produttivi presenti e coerenti con gli indirizzi di studio, sia in contesti deprivati e desertificati di strutture produttive come è in larga parte del mezzogiorno, isole, comuni montani ecc. appare come una forzatura che spiana burocraticamente e penalizza le diversità territoriali e, soprattutto, sottrae legittima autonomia (ahi, l'autonomia con la quale si fanno tanti gargarismi propagandistici!) alle scuole che invece dovrebbero avere i poteri di valutare e decidere se, come, quando e quanto tempo dedicare a queste esperienze per il pieno raggiungimento delle finalità educative previste.

Tutto ciò affinché l'alternanza non diventi alternativa scuola-lavoro e l'alternativa resti solo quella tra buona conoscenza e ignoranza che ben presto si trasforma in analfabetismo per il quale non è il caso di sacrificare altro tempo scuola.

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