Non mi piace l'espressione “alternanza
scuola-lavoro” perché si dà per scontato in premessa che la
scuola sia una sorta di “nonluogo” dove si fanno solo
chiacchiere, nella migliore delle ipotesi teoria e nozionismo
insignificante, trasmissività passiva e inutile. Così pure il
lavoro è considerato solo nella sua parte meccanica,
pragmatica,operativa di routine in un contesto organizzativo
finalizzato alla “produzione” di pratiche e/o oggetti materiali.
L'alternanza dà per scontata non solo
la separazione ma anche l'alterità dell'una rispetto all'altro.
Chi può sostenere che la scuola, cioè
tutto ciò che in essa si fa avendo come traguardo l'apprendimento,
la formazione delle capacità critiche e culturali di cittadinanza,
relazionali non sia essa stessa un “lavoro”?
Fermo restando che l'uomo apprende
sempre e in ogni situazione, la differenza con gli altri
apprendimenti è che quello scolastico è programmato, rispettoso
dell'età evolutiva e delle specificità dei singoli studenti,
strutturato sui soggetti non sugli oggetti, intenzionale, destinato a
durare tutto l'arco della vita. Quelli che la scuola “produce”
sono saperi propedeutici sulla base dei quali potranno costruirsi
altri saperi più specialistici e competenze nuovi, in una società
destinata a cambiamenti sempre più veloci di ogni tipo.
In questo contesto di rapidissime
evoluzioni anche tecnologiche a cosa può servire un complesso di
attività ed esperienze apprenditive tarate e mirate sul presente
produttivo qui ed ora, un presente per cui molto spesso l'oggi è già
ieri rispetto a ciò che troveranno tra pochi anni gli attuali
studenti?
L'obbligatorietà comunque, in ogni
luogo e circostanza dell'alternanza scuola-lavoro, sia che la si
faccia in contesti socio-produttivi presenti e coerenti con gli
indirizzi di studio, sia in contesti deprivati e desertificati di
strutture produttive come è in larga parte del mezzogiorno, isole,
comuni montani ecc. appare come una forzatura che spiana
burocraticamente e penalizza le diversità territoriali e,
soprattutto, sottrae legittima autonomia (ahi, l'autonomia con la
quale si fanno tanti gargarismi propagandistici!) alle scuole che
invece dovrebbero avere i poteri di valutare e decidere se, come,
quando e quanto tempo dedicare a queste esperienze per il pieno
raggiungimento delle finalità educative previste.
Tutto ciò affinché l'alternanza non
diventi alternativa scuola-lavoro e l'alternativa resti solo quella
tra buona conoscenza e ignoranza che ben presto si trasforma in
analfabetismo per il quale non è il caso di sacrificare altro tempo
scuola.
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