mercoledì 22 giugno 2016

Le roi est mort, vive le roi!

Il "vizietto" di Gavosto e Fondazione Agnelli che ci spiegano "Perché cambiare l'esame di maturità".
Nel suo articolo su Corriere della Sera Gavosto ci mette a parte di cosa matura nelle segrete stanze del governo, che sono segrete per tutti i comuni mortali, ma non per Gavosto e Fondazione Agnelli, evidentemente. Critica l'uso/abuso delle prove INVALSI e pare voglia espungerle dagli esami di 3 media e dagli esami di Stato delle superiori. Perché? Perché "oggi (le prove INVALSI) sono diventate quasi una materia come le altre, con lezioni dedicate, eserciziari, affannose richieste delle famiglie di preparazioni specifiche." Insomma sono devianti e dannose. Proprio come abbiamo sostenuto noi critici "prevenuti" e "ideologici" da sempre scontrandoci proprio con Gavosto, Fondazione Agnelli, TREELLE e compagnia cantante e osannante le magnifiche sorti e progressive dell'INVALSI.
Insomma, non avendo cambiato la scuola, non avendo cambiato le "competenze" (se siamo migliorati nelle graduatorie internazionali è solo perché abbiamo insegnato agli studenti come "fregare" i quiz) torna sempre la domanda sul perché fare prove censuarie se l'obiettivo unico è quello di "valutare la qualità delle scuole e del sistema scolastico nel suo complesso". Se questo è l'obiettivo in tutto il mondo si fanno prove a campione, volontarie e indipendenti dai sistemi di valutazione e prassi didattiche che in autonomia scelgono le scuole e gli insegnanti perché di loro competenza.
Ma il triplo salto carpiato Gavosto lo compie quando passa ad esaminare i limiti dell'esame di Stato. Scrive " Così com'è, l’esame non ha più senso" in quanto "gli studenti devono essere selezionati sulla base delle loro competenze e motivazioni," Lasciamo stare il lapsus aziendal-manageriale che irresistibilmente lo prende quando scrive "selezionati" al posto di "valutati". Egli in pratica dice: 1) fuori le prove INVALSI dagli esami di Stato perché inadatte a valutare i singoli alunni; 2) si a prove "oggettive", evidentemente, solo scritte per altro, in quanto non possono essere né pratiche, né colloqui diretti che sarebbero inquinati da quegli imbroglioni dei docenti; 3) queste prove, per evitare imbrogli e inquinamenti, sarebbero centralizzate e automatizzate nella correzione via web.
E così, i difetti capitali delle prove INVALSI quali la standardizzazione, la "misurazione" quantitativa, l'astrattezza rispetto al contesto, la parzialità contenutistica, lo sganciamento dalla relazione apprendimento-insegnamento concreto Gavosto li farebbe uscire dalla finestra e li farebbe rientrare dalla porta principale. E comunque dove sarebbe la persona alunno/studente in questo che più che a un esame assomiglia ad un maxi-concorso a distanza? A chi sarebbe affidata la narrazione del percorso di studi, l'osservazione diretta nel vivo di un colloquio, l'osservazione delle capacità pratiche degli allievi nel contesto ambientale soggettivo/oggettivo che li ha visti crescere negli anni? Ad un algoritmo?
Credo che ormai siamo andati fuori di testa e abbiamo smarrito i fondamenti, l'ABC di ciò che significa "valutazione" nella scuola.
E' dagli anni sessanta, ormai, che periodicamente, davanti all'incapacità o non-volontà dei governi di affrontare un discorso serio e globale sulla scuola e sui suoi problemi, ci viene riproposto il cambiamento dell'esame di Stato. L'illusione che basti cambiare l'ultimo miglio o il nastro di arrivo per cambiare tutto il percorso e il processo che hanno portato fin lì è esercizio ormai frequente, uno sport nazional chic che i grandi quotidiani nazionali fanno in giugno tutti gli anni nell'occasione degli esami di Stato. Da luglio a giugno del prossimo anno possiamo vivere sonni tranquilli e beati, dell'esame di Stato non si parlerà più, il salotto al quale sono invitati esperti in tuttologia chiude i battenti, gli editori non hanno più interesse a sprecare colonne di piombo per pezzi che non stanno sul pezzo dell'attualità.

























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